New York. Finalmente di giorno.

Dopo la sbornia di luci e colori della notte prima, finalmente la Grande Mela si manifesta in tutto il suo splendore.
Il meteo aiuta, infatti la giornata propone 27° e un sole che spacca le pietre e, tra i grattacieli, la giornata sembra ancora più bella.
La mattina inizia sempre allo stesso modo: sveglia alle sette e mezza, omissione di colazione e subito in strada verso la prossima meta: istituto italiano per la cultura di New York.
In pratica la sede culturale dell’ambasciata italiana nella Big Apple.
L’incontro si rivela interessante, sopratutto visti i quadri esposti e l’aperitivo di benvenuto appena arrivati, ma tutto sommato anche la discussione con il direttore dell’istituto non è stata male.
L’Italia è viva e, come confermato già dall’ambasciata a Washington, la cultura e la lingua italiana sono merci ricercate nel mercato americano e dappertutto siamo visti con interesse e fascino.
D’altronde agli americani non interessa della nostra politica o della nostra situazione economica, bensì del nostro bagaglio culturale e della nostra arte di poeti, santi e navigatori.
La giornata prosegue fra una visita a Central Park e una capata di fronte al Gugenheim Museum, eppure la cosa che mi ha veramente cambiato la giornata è stato l’incontro con il mio primo paninaro di New York.
Ne avevo visti ovviamente tanti altri prima, ma per il pranzo di quest’oggi avevo deciso per hot dog e bibita.
Provo il panino e…..de-li-zi-o-so……mai provato prima un hot dog così buono.
A tal punto che me ne prendo altri due per non sbagliare e ingozzare il mio già abbondante giro vita.
Nel pomeriggio ci rechiamo alla sede della Missione permanete italiana presso le Nazioni Unite dove un soporifero professore dell’università di Catania, addetto giuridico presso l’ONU, ci intorta con il suo lavoro e le sue funzioni presso il Palazzo di Vetro.
Tutte cose già sentite e mostro estrema difficoltà a rimanere sveglio di fronte a lui, mentre lui continuava a parlare, ma una cosa desta il mio sonno e mi rende interessante l’ultima parte dell’incontro: in pratica, l’Onu non serve a granché e le nazioni fanno il bello e il cattivo tempo in ogni caso, ma la verità è che, senza la presenza di quest’istituzione internazionale, le cose sarebbero anche peggio.
In pratica l’Onu rappresenta una barriera internazionale per impedire agli Stati di scannarsi fra di loro e di cooperare un minimo fra di loro.
Ad ogni modo vorrei raccontarvi di new York e della vita quotidiana per le strade: è qualcosa di affascinante.
I semafori, il traffico, le migliaia di migliaia di persone che attraversano la strada e i grattacieli danno luogo ad una cornice da sogno e mi sembra quasi di essere in un film.
Tanto che alzando gli occhi verso il cielo, mi aspetto che da un momento all’altro appaia l’uomo ragno.
E mi sento un po’ bambino camminando per le sue strade.
Dalla Fifth avenue fino a Central Park tutto sembra così diverso e parlare con le persone dall’Italia mentre stanno facendo cena, quando io sono in procinto di fare pranzo, mi fa sentire così distaccato e lontano.
Come se vivessi in un altro mondo o, forse, come se due mondi si fondessero al di là dell’oceano per dare vita ad un unico mondo dove non tramonta mai il sole.
E nel mezzo di ciò, me.
Basti pensare a quanto sia normale per la strada incontrare personaggi famosi, dalla strafiga di America Next top modell presso il Converse Shop ad un tizio che recitava in quel pietoso telefilm chiamato “Settimo Cielo”, tutto sembra come se niente fosse, come se l’eccezionalità fosse all’ordine del giorno.
E probabilmente chi ci vive lo sa, ma per un povero viaggiatore come me, ogni angolo di questa città è una nuova scoperta.
Un’ennesima occasione per meravigliarsi.
E che sia un karaoke a Greenwich oppure un semplice bar gestito da italiani, dove poter assaggiare un Americano in America, il perdermi fra queste Avenue e il ritrovarmi ogni volta che osservo la mappa di Manhattan, mi fa pensare sempre ad una cosa.
Potrò essere sfortunato, potranno andarmi in malora tutti i miei progetti e il fallimento potrà essere all’ordine del giorno nella mia vita, ma non mi pento minimamente della mia esistenza.
Questa anima di viaggiatore che ha solo 24 anni mi ha portato a girare in lungo e in largo per tutto il globo, ma che, dopo mille e uno viaggi, continua ancora a meravigliarsi ogni volta che parte e ad essere felice come un bambino ogni volta che scopre qualcosa di nuovo.
E questa è una fortuna che non ha prezzo…..