Andare a studiare negli Stati Uniti, chi di noi non lo vorrebbe?

Magari frequentare un master o una specialistica, eppure non é cosí facile come possa sembrare andare negli USA, soprattutto per uno straniero, infatti per accedere ai vari college del paese occorrono attestati di lingua(ad esempio il TOEFL o lo IELTS), finanze solide o borse di studio per coprire le spese e il superamento di un esame d’ammissione denominato

Micol Bez, la protagonista dell'intervista

Micol Bez, la protagonista dell’intervista

GRE (il piú semplice,ma che non garantisce aiuti economici) oppure il GMAT (piú difficile, ma in grado di garantire borse di studio agli studenti piú meritevoli).

Come Micol Bez, una studentessa italiana che vive negli Stati Uniti, originaria della Sardegna.

Attualmente studia nella scuola di ‘Foreign Service’ all’università di Georgetown, a Washington DC.

Micol ha scelto di studiare a Washington per seguire la sua passione per le relazioni internazionali, i diritti umani e ambientali, in una delle migliori università al mondo.

Ma come mai questa scelta coraggiosa di andare oltreoceano per studiare negli States?

In questa intervista ci racconta della sua vita a stelle e strisce e di come sia studiare negli Stati Uniti per uno straniero.

1) Come è vivere per un italiano negli Usa?

Prima di iniziare i miei studi universitari, ho preso un anno sabbatico e ho viaggiato in Asia, Africa e Sud America, eppure non mi sarei mai aspettata che il più grande shock culturale sarebbe stato trasferirmi negli Stati Uniti!

Spesso si parla di cultura occidentale/nord occidentale, in fondo noi Europei ci nutriamo di cinema e telefilm americani, mettiamo i jeans… insomma, la solita globalizzazione!

In realtà la percezione Italiana di un America simile, vicina in gusti, costumi e abitudini è, beh, quantomeno erronea!

La cultura in cui mi sono immersa è profondamente diversa da quella italiana, meno liberale, più tradizionalista, più nazionalista, meno critica, più ottimista e le differenze sono tante, le si sente in ogni istante della vita quotidiana.

Per altro, dire ‘vita negli Stati Uniti’ è una generalizzazione, ci sono tante Americhe: vivere a Washington è completamente diverso da vivere a New York o a San Francisco.

 2) Potresti spiegarci come sei riuscita ad arrivare a Washington e cosa hai dovuto fare per arrivare fin qui?

Ho studiato per tre anni al liceo classico, poi sono stata selezionata per una borsa di studio al ‘Collegio del Mondo Unito’ (il sito online è:  http://www.uwcad.it/), una scuola internazionale che offre a studenti di 180 paesi del mondo l’opportunità di condividere un’incredibile esperienza accademica e formativa, di confrontarsi con le rispettive diversità e di accedere alle università internazionali con il diploma ‘international baccalaureate’.

Indubbiamente il Collegio del Mondo Unito è stato una tappa essenziale nella mia formazione: mi ha aperto nuovi orizzonti, esposto a nuove culture e idee; mi ha confuso, entusiasmato… indicato una varietà di possibili percorsi.

E’ stata un’esperienza incredibile che auguro a ogni ragazzo/a di sedici anni.

Dopo il collegio, durante il anno sabbatico, mi sono dedicata al volontariato e a viaggiare. Sono molto contenta di aver preso un periodo per pensare, per decide cosa volessi studiare… per lasciare sedimentare la confusione, le nozioni, gli stimoli, le passioni accumulatesi durante gli anni del liceo.

La Georgetown University

La Georgetown University

Alla fine,ho deciso di studiare relazioni internazionali, facendo domanda a varie università americane e inglesi attraverso i sistemi di common application  (https://www.commonapp.org/Login, e, una volte ricevute le risposte, ho scelto la Georgetown per la sua rinomata accademia di diplomazia.

 3) I tuoi obiettivi quali sono? Resterai a vivere in Usa?

Non credo di voler restare negli Stati Uniti, mi piacerebbe tornare nel vecchio continente. Non so che opportunità troverò, potrei passare qualche anno qui, o in Asia o Africa… chissà, ma l’obiettivo finale sarebbe lavorare in Europa, non troppo lontana da casa!

 4) Cosa pensi dell’Italia, guardandola con gli occhi di chi vive all’estero?

Penso che sia un paese meraviglioso, complesso, inguaiato.

 5) Se uno studente italiano volesse andare in Usa cosa dovrebbe fare? Ci vogliono dei permessi? Bisogna sostenere esami? In pratica se io domani decidessi di volermi iscrivere a un college americano, cosa dovrei fare?

Per studiare negli Stati Uniti bisogna essere accettati in un università americana. Io ho un diploma internazionale, per cui non ho dovuto fare nessun esame di lingua,  ma, in alcuni casi, l’università richiederà un esame di lingua.

Il processo di ammissione varia da università a università, per la maggior parte richiedono una serie di saggi, presentazioni, i test SAT(tipo il GMAT), i voti del diploma e, a volte, un colloquio.

Una volta ammessi, con il documento I-20 rilasciato dall’università, bisogna fare domanda per un visto da studente all’ambasciata americana.

Per ottenere il visto, è necessario presentare la documentazione finanziaria comprovante la disponibilità economica a sostenere le spese di studio e soggiorno durante l’intero periodo dei suoi studi in U.S.A.

6) Raccontaci un po’ dell’università in America?

Una sala studio della Georgetown

Una sala studio della Georgetown

Posso parlare dell’università che frequento io, non credo sia l’esperienza comune a ogni studente in USA.

Georgetown è un ottima accademia, specialmente per le relazioni internazionali. I professori sono spesso rinomati studiosi nel loro campo, autori famosi, diplomatici affermati…

La differenza rispetto alle università italiane é che le classi sono spesso piccole per cui è facile conoscere personalmente i propri professori; le lezioni non sono basate su conferenze fatte dal docente, ma per lo più su discussioni cui partecipano tutti gli studenti.

Il che è idilliaco ma è anche molto faticoso! Bisogna essere presenti a ogni lezione ed essere pronti a partecipare.

Un’altra differenza basilare è la libertà con cui si possono scegliere le materie e i corsi specifici: ogni indirizzo ha delle linee guida e degli esami necessari, ma è possibile combinare diversi indirizzi, acquisire certificati in tematiche specifiche e scegliere una buona parte delle materie e dei corsi da seguire.

Ciò permette anche di definire nel tempo il proprio indirizzo specifico, non partendo con un percorso di studi stabilito all’inizio.

Credo questo aiuti molto nella consapevolezza della scelta.

La qualità dell’insegnamento, le risorse a disposizione di ogni studente, il tempo che gli viene dedicato personalmente dai docenti … tutti questi elementi creano un’atmosfera stimolante che mette alla prova e fa crescere lo studente.

Per me il metodo funziona.

Quando ho scoperto come funzionava il mio corso di cinese non sapevo se ridere o piangere: la mia classe di cinese è di 8 persone, una volta alla settimana la dividono in due gruppi minori per fare pratica orale, c’è una lezione ogni giorno e una volta a settimana si incontra il professore individualmente per ‘conversare’; poi ci sono dei gruppi serali di studenti per fare pratica….insomma, il cinese ti deve appassionare molto!

Ciò nonostante, credo che in Italia abbiamo un grande patrimonio culturale che si riflette nella nostra metodologia di studio, nel nostro modo di scrivere, nel nostro modo di formulare un pensiero.

La cultura americana è prettamente pragmatica, il che ha molti vantaggi ma pone anche molti limiti. Mi piacerebbe studiare al di fuori degli USA per un po’, infatti ho fatto domanda per una anno all’università Science Po di Parigi.

Credo che imparerò molto dall’incontro dei due mondi.

 7) Nostalgia di casa mai?

Sono cresciuta in Sardegna, grande famiglia unita e mare cristallino… come può non mancami?

Mi manca la bellezza delle nostre città, il carattere speculativo e vivo della nostra cultura, la sua arte, le sue tradizioni, i suoi aspetti edonistici e liberali…

E poi, sembra una banalità, ma non sai che darei per un cappuccino ben fatto e un etto di prosciutto crudo tagliato fino!

 

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Studiare in Usa non é facile, ma fattibile

8) E’ difficile trovare lavoro in Usa per uno straniero?

Ancora non mi so esprimere a proposito, per lavorare negli Stati Uniti bisogna essere sponsorizzati, il che implica che un datore di lavoro sostenga la tua permanenza negli USA riconoscendo che le tue capacità/competenza sono tali da non poter essere reperite in USA.

Non so quanto sia difficile, dipende dalle proprie competenze e dal Curriculum Vitae.

 

9) Cosa provi ogni volta che torni in Italia?

Mi piace tornare, un certo romanticismo mi accompagna sempre… mi piace riconoscermi nel mondo attorno a me, ritrovare i ricordi.

Spesso mi sento ridicola quando mi ritrovo a sorridere compiaciuta al “dolce suono” della voce della signorina della Trenitalia o quando contemplo con affetto il metallo della cabina telefonica dell’aeroporto.  Insomma alla fine dei conti a tutti piace tornare a casa!

D’altro canto, ogni ritorno porta con se una nuova consapevolezza di ciò che dell’Italia non mi piace.

Per un breve periodo, appena tornata, rimango osservatore esterno e mi scontro con quelle caratteristiche ‘tipicamente italiane’ che prima non notavo, o notavo meno.

 10) Come vedono gli americani noi italiani? Solo stereotipi?

Gli stereotipi abbondano, ma del resto ne abbiamo tanti anche noi nei confronti degli altri paesi.

Già dire “Come vedono gli americani gli italiani” è una generalizzazione stereotipata del varissimo popolo americano. E’ inevitabile che l’opinione comune sia basata su stereotipi, no?

Quando dico che sono Italiana vedo spesso una reazione positiva nel mio interlocutore, l’Italia è ‘Il bel paese dove hanno inventato la Pizza’.

Ciò non vuol dire che dell’Italia si sappia molto.

Alcuni sono “stati in Italia”, il che implica che abbiano fatto un tour Roma-Firenze-Pisa-Venezia, e,in genere,  non ricordano bene quale sia quella con tutta l’acqua!

Del resto, provate voi a vedere tutte quelle città in 7-5 giorni!

L’opinione è spesso che le città italiane sono belle, piuttosto anguste, un po’ sporche e chiassose. E gli Italiani… Beh, chiassosi, indisciplinati, accoglienti e pieni d’inventiva.

D’altro canto, gli stereotipi più negativi sono legati alla politica, all’immagine di instabilità, corruzione e decadenza che abbiamo trasmesso nel corso degli anni. Ma come dargli torto?