Ricordo quando vivevo a 200 mt dalle Torri Gemelle, anzi, per la precisione, da quello che ne rimaneva a testimonianza. Due fontane larghe tanto quanto la base dei grattacieli con incisi tutti i nomi delle varie vittime. Ogni volta era un tuffo al cuore.
Nonostante passassi ogni giorno di fronte il 9/11 Memorial, l’aria che si poteva respirare aveva sempre qualcosa di diverso. Qualcosa di unico. Ma non ero solo io. Chiunque passasse di lì, era come colto da una reverenza mistica nei confronti di cosa c’era stato fino a poco tempo fa. Un silenzio quasi collettivo, coperto solo dai rumori per la costruzione della Freedom Tower, il nuovo simbolo della futura NYC, ultimata solo di recente.
Era come se nessuno, nonostante fossero passati 15 anni, avesse ancora accettato quel vuoto. Quello spazio assente dove un tempo sorgevano due monumenti principi dell’umanità. Uno squarcio nel cuore di Manhattan, per l’eternità. Nonostante tutti i bei progetti di riedificazione del World Trade Center.
E, in tutto ciò, ricordo le parole della mia coinquilina, che era in casa quel giorno di 14 anni fa, come fosse ieri.
Mi disse: “Ero in casa. Sentì il primo boato. E poi tutta quella polvere che mi entrava dentro le finestre di casa. Sirene. Fumo. Non fu solo una tragedia. Fu l’Inferno in terra, credimi…”