American airlines. Otto ore di volo.

Sei di fuso e sarò nuovamente in Italia.

E l’aereo non ha nemmeno gli schermi personali con il quale vedere un film o ascoltare un po’ di musica. Oggettivamente una noia biblica.

Vi sto scrivendo stanco morto, dopo una settimana a mille all’ora  fra impegni istituzionali con l’università e gli attimi di libertà sfruttati al massimo per vedere quanto più possibile si potesse.

Onestamente: ce l’ho fatta.

Non pensavo sarei stato in grado di poter girare e visitare tutto quello che mi ero prefissato di fare e, nonostante alcune piccole logiche rinunce dettate dalla ristrettezza dei tempi, ho visto tutto quello che c’era da vedere.

Di giorno: lezioni sul lobbismo presso l’American University, visite ad agenzie di comunicazione, incontri alla World Bank e all’ambasciata italiana, lezioni di Csr alla Baruc University.

Di sera: grattacieli, discoteche, camminate fra i monumenti dei presidenti.

Di giorno la serietà. Di notte la vita.

E nel mezzo un blog scritto tutti i giorni, per lo più dopo le due di notte, visto tutte le cose che c’erano da fare.

Gli Stati Uniti sono qualcosa di incredibile, una nazione ricca e affascinante, ma piena di controsensi.

E’ la terra dove tutti i sogni possono avverarsi, ma per andare all’università come minimo ci vogliono quarantamila dollari l’anno, se si punta a qualcosa di valido.

Si commuovono per gli attentati dell’11 Settembre e poi vendono merchandising di quel giorno maledetto, come fosse un’attrazione turistica.

Sono un modello di libertà e correttezza e poi al bar esigono la mancia, sennò non ti fanno andare via.

Dicono sia l’American way of life fatta di eccessi, esuberi e pacchianità.

Che sia Washington o New York, tutto è un inno auto celebrativo alla propria patria e, a differenza dell’Italia, qui sono più che fieri di esporre la bandiera a stelle e strisce fuori casa.

In fondo chi non sarebbe orgoglioso, essendo gli Usa soltanto la nazione più potente al mondo?

New York dalle mille luci e Washington dai mille uffici e sedi istituzionali.

Capo e cuore degli Stati Uniti visti tramite gli occhi di un viaggiatore.

Dove tutti erano stanchi ed esausti per i ritmi massacranti dei vari incontri e lezioni, ho sempre avuto le energie per fare tutto.

Non so come, ma l’essere negli Stati Uniti mi ha galvanizzato così tanto, quasi avessi l’argento vivo addosso.

E visto il poco tempo, come avrei mai potuto riposarmi anziché uscire, chiamare un taxi e avere l’imbarazzo della scelta nel decidere cosa fare: visita all’Empire oppure dare uno sguardo alla libreria del congresso?

Così tanto da vedere e così poco tempo.

Per le strade, mentre camminavo, rivivevo mille momenti già visti in migliaia di film, sit-com e libri, mentre il mangiare un hot-dog a lato di una Avenue oppure camminare per il National Mall, mi facevano sentire così americano, come se imitando lo stile di vita visto mille volte in televisione, mi desse un non so che di speciale.

Di unico.

Meno italiano, più internazionale.

Meno Iacopo, più cittadino del mondo.

Ora lo posso affermare.

Questo viaggio è stato fondamentale per capire una cosa: il mio posto è qui.

E’ questo il luogo dove vorrei vivere. Dove andare alla ricerca della felicità.

Non so se sarà possibile. Non credo ci riuscirò mai.

Ma perché non sognare un futuro prossimo da giornalista in America?

Prima avrei solo potuto immaginarlo, adesso so per certo che lo vorrei.

Sarà stata solo una settimana, forse avrò visto solo la parte migliore di questo mondo, forse starò

scrivendo queste cose ancora ubriaco dalla sbornia di vita americana di questi ultimi sette giorni,  ma per lo meno ora una cosa la so per certa: devo fare di tutto per tornarci.

A qualsiasi costo. C’è ancora così tanto da vedere, fare, scoprire, provare…..

E qui le possibilità ci sono tutte per realizzare qualunque cosa.

E’ questo il bello….

P.s sto ancora cercando di recuperare dal jet-lag e dio solo sa quando sarò in grado, si prevede una nottata insonne……