Immaginate di dover lasciare tutto nel giro di una notte, immaginate di dover scappare dalla vostra casa, mentre delle persone vi rassicurano che tutto andrà bene e che ci tornerete presto.

E invece la cosa non accadrà…
Per di più, immaginate il fatto che scopriate di aver passato due giorni, senza che nessuno si accorgesse di niente, giusto qualche indiscrezione che giungeva dalla centrale dicendo: “Qualcosa è successo a Chernobyl!”
Mentre,a fianco della vostra città, una centrale nucleare era saltata per aria, a causa dell’arroganza dell’ uomo e di un esperimento andato male, rilasciando nell’ambiente circostante una nuvola radioattiva di proporzioni inimmaginabili.
E che questa nuvola vi avesse preso in pieno.
Signori e Signore: benvenuti a Pripyat!!
Sopratutto: benvenuti al disastro della centrale nucleare di Chernobyl.

LA ZONA DI ESCLUSIONE:

Il Check point

Il Check point

Chiunque sa bene cosa successe quella notte del 26 Aprile 1986 e ancora oggi  paghiamo le conseguenze di quell’incidente, tra persone che nascono malate di tumori  o si ammalano nel corso della vita, ma chi avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe  diventato possibile visitare Chernobyl, come una qualsiasi attrazione turistica?

 Oddio, precisiamo: di turistico c’è veramente poco e, come gli organizzatori dei tour  verso Chernobyl amano specificare, visitare la centrale nucleare non è la classica  scampagnata al lago del fine settimana
 E’ un’esperienza unica, un’esperienza estrema.
 Infatti, nonostante gli anni e la decontaminazione, l’area della centrale nucleare di Chernobyl e i 30 km quadrati che la circondano, risultano ancora essere radioattivi, specialmente il suolo e le falde acquifere.
Tanto che fin dalla nostra partenza, ci viene specificato che dovremo viaggiare coperti da capo a piedi con degli indumenti, per impedire un contatto diretto della nostra pelle con l’ambiente circostante e che meno toccheremo ciò che ci circonda e meglio sarà.

Ovviamente, le persone che partecipano a questi tour sono individui particolari e infatti i miei compagni di viaggio sono: un giapponese fanatico di Fukushima che viaggia tutto il tempo con un rilevatore geiger in mano e sonda il terreno alla ricerca di aree contaminate, una coppia di italiani che ama viaggiare in camper per l’Est sovietico allo sbaraglio da soli e senza nessun timore, un catalano che vive a Roma, lavora per la Enel ed è un appassionato di centrali elettriche. Insomma, una comitiva in completata sintonia con lo spirito di Chernobyl.

L'ingresso di Chernobyl

L’ingresso di Chernobyl

Dopo due ore di viaggio, strade dissestate e un controllo dei passaporti alla frontiera della “zona di limitazione/alienazione”, finalmente varchiamo la soglia che separa il mondo reale da questo piccolo lembo di terra completamente in antitesi con tutto ciò che conosciamo.
(Tanto per  farvi un esempio: nell’area di Chernobyl possono accedere solo scienziati e di conseguenza chiunque voglia entrare, è obbligato a scrivere una lettera al governo ucraino per richiedere un pass giornaliero come visitatore-ricercatore scientifico)
Qui sono gli alberi e gli animali selvatici a farne da padroni, infatti, mentre l’uomo scappava via a gambe levate dal disastro che egli stesso aveva causato, la natura lentamente si riprendeva ciò che da sempre gli esseri umani le sottraggono, fino ad arrivare oggigiorno a un dominio incontrastato, dove gli uomini possono essere solo spettatori inerti.
Passare per le strade, entrare dentro quello che un tempo era l’asilo, arrivare fino alle soglie della centrale e vedere una natura così lussureggiante, così viva, che viene quasi da domandarsi: “Ma non dovrebbe essere tutto morto qui?”
La guida ci impiega due secondi a togliermi ogni dubbio: “La verità è che ciò che poteva uccidere l’uomo, ovvero le radiazioni,  al contrario non ha nuociuto agli animali e alle piante, anzi….
Il contatore Geiger segna sempre dei valori intorno al 2.0( il che non risulta essere poi così tanto nocivo per un tempo breve) ma quando il marchingegno viene avvicinato al suolo, ecco che il contatore impazzisce fino a arrivare a 5.0/7.0.
E pensare che sono passati quasi trent’anni……..

LA CENTRALE NUCLEARE:

Il Reattore numero 4

Il Reattore numero 4

La cittadina di Chernobyl è abitata da coloro che lavorano alla tutela, mantenimento e  decontaminazione della zona ed è qui che trovo uno dei più grandi simboli del disastro:  il monumento dedicato a quei coraggiosi pompieri che, ignari  del pericolo, spensero  l’incendio divampato all’interno del    reattore numero 4, sacrificando la loro  vita,impedendo al nocciolo di esplodere nuovamente ed evitando un disastro nucleare  dieci volte più grande.

 La scritta dice tutto: A COLORO CHE SALVARONO IL MONDO….
Un altro simbolo che mi colpisce è la statua di Prometeo all’ingresso della centrale: Prometeo rubò il fuoco agli dei, scatenando l’ira di questi ultimi.
E’ lo stesso di ciò che accadde a Chernobyl.
Superare i limiti per poi pagarla cara. Giocare a fare Dio e poi pregarlo perché ci risparmi tutti.
Non è dannatamente ironica la cosa?
Tra la polvere che contamina i nostri scarponi e case, vecchi cinema, teatri diroccati che la nostra guida ci fa visitare(sebbene a nostro rischio e pericolo vista la loro instabilità), il viaggio prosegue rapidamente: è possibile rimanere solo 5 ore all’interno della zona di limitazione, sopratutto in quella più interna di 10 km, e di conseguenza non abbiamo tempo da perdere.
Un peccato: mi sarei soffermato di più, avrei voluto vedere molto di più.
Arriviamo di fronte alla centrale nucleare di Chernobyl ed ecco che, di fronte a noi, si manifesta in tutta la sua spettralità  e tragica maestosità il reattore numero 4 coperto da quel rivestimento in cemento, chiamato Sarcofago, che noi tutti abbiamo visto molte volte nelle foto.
Fa paura…..fa impressione……

E pensare che questa costruzione protettiva, messa in piedi in fretta e furia sulle stesse macerie del reattore per impedire la fuoriuscita di materiali radioattivi, potrebbe venire giù da un momento all’altro, viste le crepe nella struttura che ne stanno compromettendo la stabilità.

Il nuovo sarcofago che coprirà la centrale

Il nuovo sarcofago che coprirà la centrale

Certe crepe sono così grandi, da poterle vedere distintamente a occhio nudo.
Possiamo restare soltanto dieci minuti alla distanza di 200 mt dal reattore e mentre tutti scattano foto io mi domando: “Cosa ne sarà di questo reattore?”
Neanche il tempo di voltarmi che, alle mie spalle, appare un arco colossale: è il nuovo sarcofago, una struttura/volta grande  il doppio della vecchia, che andrà a coprire il reattore per debellare finalmente la minaccia di nuove fuoriuscite radioattive.
Perché, ci crediate oppure no, dopo 27 anni, lì dentro il nocciolo ancora brucia a migliaia di gradi centigradi.
Mi duole la testa mentre risalgo a bordo del pulmino: non è un segno buono.
Forse sono più suscettibile degli altri agli effetti delle radiazioni, ma preferisco non pensarci e starmene zitto.
Il tour prosegue.

LA CITTA’ FANTASMA DI PRYPIAT:

Il Parco divertimenti 30mila abitanti. Le dimensioni di Mantova. Il fiore all’occhiello della modernità  edilizia russa.
 Tutto cancellato in un solo colpo. Siamo arrivati a Pripyat.
 La città più profondamente contaminata dalle radiazioni, la più grande città fantasma  sulla faccia della terra.
 Le strade sono rovinate, l’erba ha preso il sopravvento mentre tutt’intorno le palazzine  diroccate, un tempo abitate da centinaia di famiglie, rimangono solo un triste e lugubre  ricordo di ciò che erano un tempo: vetri rotti, sporcizia, segni di vandalismo e  sciacallaggio ovunque.
La morte non mi era mai apparsa così tanto viva, prima di allora, come in quel momento.
La piazza centrale, il ristorante dove mangiavano i ricchi, il vecchio cinema…..non c’è più niente. E quando arriviamo al parco divertimenti, di fronte quella ruota panoramica gigante dal color giallo sgargiante, mi sento venir meno: la testa mi sta scoppiando.

E’ solo un istante, poi passa tutto.

La ruota panoramica di Pripyat

La ruota panoramica di Pripyat

Quella ruota, quell’autoscontri invaso dalle erbacce, la giostra del calcioinculo, nessuno le ha mai usate: dovevano essere inaugurate il 1 Maggio del 1986……troppo tardi….
Dopo un’ora fra macerie, alberi, strade ingoiate dalle erbacce, scene di vita quotidiana abbandonate qua e là( un carrello della spesa, una bambola, dei ritratti di figure politiche sovietiche, una lavatrice o addirittura un pianoforte all’interno del cinema) finalmente torniamo al bus.
E’ ora di tornare a casa.
Il nostro tuffo di trent’anni nel passato è finito.
Rimane solo una cosa: il controllo della contaminazione radioattiva tramite uno scanner, prima di uscire, al check-point d’uscita.
Momento di silenzio.
La macchina si accende.
Risultato: Zero. Zero.      0.0
Nessuna contaminazione.
Posso tornare a Kiev…..
P.s Ancora non riesco a spiegarmi quel mal di testa, forse è stata solo autosuggestione oppure no, però, una volta tornato a Kiev, sedutomi su una panchina e respirando forte, mi sono reso conto di una cosa che prima non avevo notato.
Quanto era differente l’aria di Chernobyl.
Chissà…..forse più contaminata, forse più pulita.
Eppure così diversa……