La mia nuova casa a Tribeca

La mia nuova casa a Tribeca

 Ho chiamato un taxi giallo con il mio fischio collaudato,

 come in Formula Uno mi sentivo gasato;

 una vita tutta nuova sta esplodendo per me,

“Avanti a tutta forza portami a Bel Air!”

 

Eccomi qua, direttamente da New York, per raccontarvi glieventi delle ultime due settimane, ma se potessi riassumere il tutto con una frase, direi proprio che la canzone del principe di Bel Air ci calerebbe a pennello, con un’unica differenza: da Bel Air a Tribeca, nel downtown di Manhattan.

Due valigie che pesavano come uomini morti, zaino in spalla e tanti saluti a Ben, il tempo di fermare un taxi ed eccomi arrivato di fronte il n°1 di Hudson Street, la mia nuova casa.

I motivi del trasloco li conoscete e, dopo un mese d’assestamento, finalmente ho preso confidenza con questa nuova realtà, riuscendo anche a trovare una casa vicino la New York University: da un paio di giorni, infatti, vivo insieme a una coppia di signore, sulla sessantina, di nome Christine e Nancy, che hanno una figlia cinese di 16 anni, un gatto di nome Jackie e un cane di nome Luzy. Si, avete capito bene! Si chiama proprio come me, solo con la Y finale, che tra l’altro gli da pure un non so che di veramente scicchettoso. Devo dire che la coincidenza è alquanto paradossale…Per non parlare poi del padre di Christine, che è stato due volte premio Pulitzer per la Storia ed era un amico intimo del presidente John Fitzgerald Kennedy. Insomma, una nuova famiglia con cui vivere, veramente fuori dal comune.

Gente tranquilla, con particolare attenzione alla loro privacy e quando mi hanno detto: “Ognuno ha i suoi spazi e la propria vita”, non mi sembrava vero, che bello!!! Siiiii….rispetto all’invasiva convivenza con Ben, tutta un’altra storia.

Quindi, al momento, non ho molta confidenza con le mie nuove coinquiline, ma va bene lo stesso, anche di Ben ero molto entusiasta all’inizio e invece poi…

Questa si che è una stanza!!

Questa si che è una stanza!!

L’università martella di brutto e passo le mie giornate a scrivere saggi in inglese e frequentare lezioni di giornalismo, ma è quello che mi è successo l’altra notte, che ha qualcosa di veramente incredibile: erano le due di notte, un freddo boia e Luzy(il cane, non io) non la smetteva più di abbaiare, impedendo a tutto il condominio di dormire. Mi offro allora volontario per portarlo fuori a fare un giro, anche per prenderci confidenza visto che ogni volta che torno a casa prova sempre a mordermi, e così esco. Giro l’angolo, di fronte a me, dall’altro lato della strada, c’era Robert de Niro, il suo cane e a fianco un bodyguard grande come il mio armadio.

Cioè, ripeto: Robert de Niro, di fronte a me.

Rimango senza fiato, come pietrificato, che fra l’altro, indossando un cappellino e con il cane al guinzaglio, quasi non lo riconoscevo. Lo guardo meglio, e anziché farmi prendere dalla frenesia di andargli incontro, istintivamente mi viene solo di salutarlo, così, tanto uno pensa: “Che mi costa?“. Lui mi guarda e, anziché andarsene via facendo finta che non esistessi con fare spocchioso, contraccambia con un altisonante “Hi” . Da vero divo del cinema. Cool!

Torno a casa allucinato.

Una serata come tante a New York

Una serata come tante a New York

Il giorno dopo, parlando con Nancy, mi spiega che Tribeca è uno dei quartieri più lussuosi di Manhattan e molte celebrità, da Beyonce a Justin Timberlake, da Russel Crowe a Leonardo Di Caprio, fino ad arrivare al già citato Robert de Niro (che tra l’altro è uno di quelli che si fa vedere più di tutti in giro), vivono da queste parti e non è difficile incontrarli per strada, in coda al supermercato o seduti in qualche ristorante a cenare. E’ la normalità, anzi la loro quotidianità fatta di azioni e gesti comuni, come ogni altra persona.

Anzi, ci credereste che nessuno sembra farci caso? I Newyorkesi sono abituati alle celebrità e anziché assalirle come degli ossessionati, cercare di farsi foto insieme a loro o chiedere autografi, specialmente gli stessi residenti del quartiere Tribeca, sembrano lasciarle in pace, come fosse una forma di rispetto.

Saranno anche celebrità, ma se la meriteranno pure loro un po’ di privacy, no?

Addirittura, la stessa Nancy, mi ha chiesto subito se avessi provato ad avvicinarlo e quando gli ho risposto di no, mi fa: “Meglio, meglio, avresti solo fatto una brutta figura da cafone…”.

Certo che se ci penso, avere Robert de Niro come vicino di casa, fa un certo effetto. E chissà chi incontrerò nei prossimi due mesi! Sarà anche scortesia ma, alla prossima, una foto ci sta tutta e tanti cari saluti alle regole di buon vicinato.

Ah dimenticavo! E’ ormai un mese e dieci giorni che sono arrivato a New York, fa sempre freddo(il che non è assolutamente normale, visto che siamo a

Una serata a Times Square

Una serata a Times Square

Marzo) esulto sempre come un ossesso quando il termostato è sopra lo zero, e se provassi a fare un piccolo punto della situazione, ripensando al tempo passato qui, mi verrebbe solo da citare tutto quello che ho avuto il privilegio, si lo ammetto, di vivere qui, come fosse un piccolo flusso di coscienza Joyciano:

 

“Bufere di neve, tormente di neve, ancora neve, -18°, una leggenda del jazz ammuffita come coinquilino, il cibo spazzatura americano, gli scarafaggi dentro casa, la Statua della Libertà, il Superbowl, l’Empire State Building al tramonto, una serata sui pattini al Rockefeller Center, l’unico italiano dell’intero corso in mezzo a una colonia di cinesi e coreani, Little Italy, gli avvelenamenti da carbonara, la stazza degli studenti americani in formato armadio quattro ante, il “in palestra, orcomondo, staccano tutti più di me”, lo spazzolone del water a forma di ventosa con manico, le puntate di Walking dead in diretta su AMC, il Late night show di Jimmy Fallon, il Flat Iron,un braccialetto al polso che mi controlla quanti passi faccio e quanto dormo, la musica di Union Square, il “se la pizza non fa il bagno nell’olio, non è pizza”, le brutte avventure con i russi, le doppie vodke, Broadway, il Fantasma dell’Opera, il “mi sveglio per andare a prendere i biglietti per il Letterman e invece col cavolo che lo faccio”, la Champions league alle tre del pomeriggio, il toro meccanico del Texas bar, lo jagerbomb, la Cheesecake, Eataly sulla 34th come una possibilità per mangiare qualcosa di decente, le partite dei Knicks al Madison Square Garden, un giapponese e un italiano che guardano un match inglese in un pub americano, il brunch, il Caramel macchiato Latte allo Starbucks tutte le mattine, la metropolitana, il Jaqueline Kennedy Lake di Central Park congelato, gli articoli su Informazione.tv, le videochiamate su Skype con RadioFermouno il venerdì mattina, Eloisa Travaglini, il ristorante dove i camerieri cantano servendoti il caffè, un Tyrannosaurys Rex, le persone che mi chiamano sempre fra le quattro e le sei del mattino dall’Italia(mortacci loro) e infine un trasloco.”

 

43 giorni a New York: e questo è solo l’inizio….