Mirco Scoccia, shoes designer fermano

Mirco Scoccia, shoes designer fermano

New York è una città piena d’italiani, si sa, non vivono solo a Little Italy come molti potrebbero credere e quando cerchi un piatto di pasta come si deve sono gli unici sui quali si possa sempre fare affidamento. Eppure non immaginavo di incontrare a Manhattan addirittura un altro fermano, per la seconda volta, che vive e lavora qui da anni.

Il suo nome è Mirco Scoccia, ha 35 anni, sposato da qualche anno con una ragazza bresciana di nome Elisabetta e lavora per l’azienda di moda e abbigliamento Tory Burch.

Per chi non la conoscesse, questa marca, fondata dall’omonima Tory Burch, ex moglie dell’uomo d’affari Christopher Burch, è famosa in tutto il mondo, con negozi in più di 18 paesi, e nel 2013 il magazine Forbes ha stimato il patrimonio dell’azienda intorno al miliardo di dollari, includendo la sig.ra Burch tra le 100 donne più potenti del mondo a partire dal 2010.

Mica male…

Ma la domanda che sorge spontanea è: ma che ci fa un fermano alla corte di una azienda come la Tory Burch? La risposta è semplice: quando si hanno le qualità, è facile che qualcuno si accorga di te. E Mirco, credetemi, ne ha da vendere.

Come lui stesso mi dice, è stato qualcosa d’improvvisa, una chiamata totalmente inaspettata, sebbene va detto che già lavorasse da un anno e mezzo per un’azienda svizzera, sempre con base a New York, di nomeBelstaff“La Tory Burch era un progetto interessante da seguire, con un’azienda di moda 100% americana e con il 90% del proprio business basato sulle calzature. Il fatto di lavorare con fabbriche non italiane per me era un’esperienza nuova e poteva essere un buon modo per ampliare le mie conoscenze”.

Il logo della Tory Burch

Il logo della Tory Burch

Ma chi è Mirco Scoccia esattamente? Dopo essersi diplomato all’Itis Montani di Fermo e una piccola parentesi alla facoltà d’ingegneria edile ad Ancona, capisce che il mondo della calzatura è la sua vera vocazione e s’iscrive così a un corso di due anni presso la “Scuola regionale calzaturiera” di S. Elpidio a Mare(scuola oggigiorno che non esiste più, ahimè) dove apprende tutto ciò che c’era da sapere sul mondo della calzatura, diventando stilista.

Ma la vera svolta nel 2001, quando partecipa a “Modaidea”, concorso nazionale per giovani stilisti, vincendo il primo premio nella categoria calzature.

Pensate: le sue scarpe, quell’anno, furono addirittura indossate durante la semifinale di Miss Italia a San Benedetto.

Questo premio lo mette in luce a livello nazionale e gli mi permette d’iniziare a lavorare presso la Fabi e successivamente presso l’azienda Le Silla. Poi è tutta una serie d’impieghi, prima a Milano con la Bottega Veneta fino ad arrivare al fatidico trasferimento nella Grande Mela.

Ci incontriamo la domenica mattina per un Brunch(dal nome sembra chissà cosa, ma è semplicemente una via di mezzo fra la colazione e il pranzo) al Café Gitane nel quartiere di West Village e chiacchierando del più e del meno, Mirco mi racconta del suo arrivo a New York insieme a sua moglie Elisabetta( la quale aveva lasciato il suo impiego per seguirlo fino in America) e di comel’impatto sia stato qualcosa d’incredibile: “Giuro Iacopo, per i primi tempi, stavamo sempre con il naso all’insù a guardare i grattacieli.”  Un primo approccio anche un po’ sfortunato visto che, nemmeno dopo sei mesi dal suo arrivo nella Grande Mela, New York viene colpita dall’uragano Sandy.

Un modello di Mirco Scoccia a una sfilata

Un modello di Mirco Scoccia a una sfilata

Un’accoglienza proprio con i fiocchi.

Sembra solo ieri, eppure sono già passati due anni dal suo arrivo a NYC e, nonostante all’inizio con l’inglese non fosse stato facile ambientarsi, oggi alla Tory Burch Mirco si occupa di Shoes Design a partire dalla bozza (rigorosamente su carta, alla faccia dei programmi come Autocad, troppo freddi in confronto alla bellezza della matita) fino alla preparazione della sfilata di presentazione dei nuovi modelli, arrivando anche a seguire direttamente la stessa realizzazione pratica delle scarpe in Brasile e Cina, dove i suoi progetti diventano realtà.

Al momento segue soltanto la linea femminile, quella delle famose ballerine con il medaglione a forma di “T” fino ai tacchi, ma come lui stesso mi dice: “Niente mi preclude in futuro di interessarmi anche ad altri settori. In fondo, sono un designer. Tutto può essere una fonte d’ispirazione”.

Concordo. La penso uguale.

Parlando del mondo della calzatura, mi viene spontaneo chiedergli quali siano le differenze fra l’America e l’Italia e mi risponde, spiegandomi come sia più una differenza di mercati che di stile. In Italia si ha maggiormente un interesse verso la qualità artigianale e un’attenzione più incentrata sui dettagli, mentre in America le calzature sono più legate alle tendenze del momento e sono considerate dei “fast products”, ossia dei prodotti che cambiano più velocemente, sebbene ciò avvenga a discapito della qualità.  Certo, bisogna dire che gli Americani apprezzano molto la creatività italiana e le idee provenienti dal nostro paese, tanto che i designers italiani sono i più apprezzati e ricercati.

Insomma, il solito discorso: abbiamo tanto potenziale che all’estero ci invidiano da morire, mentre da noi viene troppo spesso sottovalutato.

Alcune creazioni di Mirco

Alcune creazioni di Mirco

Ma questa è un’altra storia.

Tornando a Mirco, ci salutiamo dopo una passeggiata sul lungo Hudson(stranamente, fa caldo), consigliandomi qualche posto da visitare prima del mio ritorno in Italia e alla mia domanda:

-“Torneresti in Italia?”

Risponde: “Se ci fosse un progetto interessante da seguire,

non lo escluderei, anzi… “.

In fondo, il futuro è bello perché non si conosce e… quando si è fermani, si trova sempre e comunque una soluzione.

Quindi, come dargli torto?