Una tesi online che cambia giorno dopo giorno e può essere modificata, migliorata, corretta da chiunque?
Il sogno di ogni universitario, no?
Il blog https://www.duemondi.net, patrocinato dal Master Micri della IULM di Milano, sta tentando un esperimento: creare una tesi partecipativa e condivisibile da chiunque, in pratica una “Citizen Thesis”.
Dal 5 Novembre al 5 Dicembre(data di consegna della tesi) sarà possibile commentare, segnalare, correggere o semplicemente giudicare la tesi dal nome: “Citizen Journalism, minaccia o futuro del giornalismo?”, osservando il divenire della tesi giorno dopo giorno e con la possibilità di influire sul suo progredire.
L’esperimento ha un nome ed è: “1 Thesis, 1 Web, 1 Goal” ed è il primo esperimento italiano di tesi partecipativa.LA COSA PIU’ BELLA E’ CHE NON SERVE ESSERE ESPERTI PER PARTECIPARE, SAPERE DI GIORNALISMO OPPURE NO, IN QUANTO, ESSENDO UNA TESI DI TUTTI, CHIUNQUE PUO’ PARTECIPARE, SENZA ALCUNA DISTINZIONE O DISCRIMINAZIONE.Chiunque parteciperà all’esperimento, sarà invitato poi ad assistere alla presentazione della tesi presso la IULM di Milano tra il 18 e il 22 di Dicembre e sarà menzionato nei ringraziamenti.
 
 
 
 
 

MASTER UNIVERSITARIO DI I LIVELLO

 IN

COMUNICAZIONE PER LE RELAZIONI INTERNAZIONALI (MICRI)

VII EDIZIONE

a.a.2012/2013

Responsabile scientifico: Prof. Giovanni Puglisi

 

PROJECT WORK

“Citizen Journalism: minaccia tradizionale

o futuro prossimo dei giornali?”

 
 
 
 

 

 

1) Introduzione al concetto e alle differenze rispetto al Traditional Journalism: 


“Un tempo i giornali erano ‘letti’ prima che uscissero,
letti interamente, in sede di controllo redazionale.
Oggi si ha l’impressione che la prima lettura del pezzo giornalistico avvenga quando il giornale è già in edicola.
La stessa etica professionale è corrotta.
Ho l’impressione che i giornalisti non siano più sui luoghi o, più precisamente, che, pur essendoci, è come se non ci fossero, tanto le loro opinioni preesistono ai fatti“.
 
Leonardo Sciascia, 1978

 

Everything is news

Everything is news

Che cosa è, nel 2013, il concetto di Citizen Journalism?

Che cosa vuol dire questa definizione inglese che, tradotta in Italiano, significherebbe “Giornalismo partecipativo”?

Per spiegare tutto ciò, dobbiamo partire dal principio, identificando cosa sia esattamente il Citizen Journalism e quali siano le sue caratteristiche principali.

Inoltre, sarà fondamentale mettere in evidenza quelle differenze che contraddistinguono questa nuova forma di giornalismo rispetto al Traditional Journalism, il classico giornalismo che noi tutti conosciamo e che ritroviamo ogni giorno in edicola, sui tablet o nel web.

Probabilmente la particolarità saliente del Citizen Journalism è il fatto che chiunque può essere un giornalista, chiunque può, grazie agli sviluppi della tecnologia e dei mezzi di comunicazione, avere la possibilità di documentare un avvenimento o riportare una notizia.

Anzi la stessa definizione di Citizen, implica un ruolo attivo da parte di un qualsiasi cittadino nel processo di raccolta, produzione, analisi e diffusione delle news e informazioni.

In pratica: occasioni e opportunità per qualsiasi persona, senza nessuna differenza culturale, etnica o sociale, di generare contenuti a livello mediatico.

Il tutto grazie a strumenti come i social media e i blog che, nel giro di pochi anni, hanno raggiunto una diffusione tale da permettere a chiunque di esprimere le proprie opinioni, le proprie preferenze e, addirittura, essere mezzo di veicolazione di informazioni e notizie, a volte con largo anticipo rispetto ai media classici, quelli del Traditional Journalism.

Basta un telefonino con fotocamera, o con una videocamera, per diventare un Citizen Journalist, un giornalista della strada, da non confondere con coloro che, di professione, sebbene molto più in passato che ora, si avventuravano per le strade in cerca di una notizia, in cerca di qualcosa da poter raccontare (i cosiddetti Freelance)  e sulla quale poter scrivere un articolo.

Spesso i Citizen Journalist sono semplici persone ritrovatesi nel posto giusto al momento giusto o sbagliato, dipende dai punti di vista, e che, grazie a un cellulare o una telecamera amatoriale, hanno avuto la possibilità di testimoniare e immortalare un avvenimento: un incidente, un attentato, una dichiarazione, una confessione, etc.

Addirittura si potrebbe ipotizzare che Abraham Zapruder, che filmò l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy con una telecamera amatoriale, sia stato il primo Citizen Journalist della Storia.

Altri nomi per definire il Citizen Journalism possono essere People’s media, Grassroots media o Participatory media, in ogni caso la caratteristica che contraddistingue tutte queste possibili definizioni è una sola: un giornalismo proveniente dal basso e alla portata di chiunque.

Il citizen Journalism come affermazione di un'informazione proveniente dal basso?

Il citizen Journalism come affermazione di un’informazione proveniente dal basso?

Naturalmente stiamo parlando di una tipologia di giornalismo nuova, che ha iniziato ad affermarsi solamente negli ultimi anni come un’alternativa valida al giornalismo tradizionale e, in alcuni casi, persino più veritiera e priva delle censure che spesso affliggono i giornali di tutto il mondo, in particolare nei paesi meno sviluppati e dove la libertà di stampa è costantemente ostacolata.

Un esempio su tutti: la Primavera araba in Egitto del 2010, che portò alla caduta del governo dittatoriale di Hosni Mubarak, nella quale i vari manifestanti riportavano, tramite i social media e il web, gli sviluppi della situazione, spesso in tempo reale, fornendo informazioni e cronache direttamente dall’interno delle manifestazioni.

Certamente questi pseudo-reporter non saranno stati certamente dei professionisti, ma è innegabile che simili cronache sarebbero state impossibili,o per lo meno molto difficili da ottenere, per qualsiasi giornalista professionista rivelandosi così molto significative e importanti.

Specificato che le caratteristiche del Citizen Journalism sono: la non professionalità dei giornalisti, la diffusione di questo giornalismo tramite i social media e il web, la capacità di narrare degli eventi molto spesso in tempo diretto e la sua incensurabilità da parte di governi e mass media.

Eppure non è tutto oro ciò che luccica.

Il Citizen Journalism ha delle connotazioni intrinseche e degli aspetti negativi non indifferenti che potrebbero anche essere intesi come le differenze che distinguono questa nuova forma di giornalismo, proveniente dal “basso”, con il giornalismo classico, quello della “Old school”, prodotto e diffuso da professionisti del settore.

Innanzitutto il Citizen Journalism manca di autorevolezza e legittimità, in quanto, molto spesso, le notizie non possono essere verificate né accertate, di conseguenza rimangono sempre dei dubbi sulla veridicità o meno di determinate notizie e, soprattutto, sulla loro attendibilità.

In più la scarsa competenza, la mancanza di spessore nelle cronache e l’impossibilità da parte di questi nuovi Citizen Journalist di distinguere e interpretare i vari flussi delle notizie in maniera corretta, possono essere viste come  le sostanziali differenze fra  Giornalismo Tradizionale e Partecipativo .

Il monito è: “Non basta avere un computer o una telecamera per fare del giornalismo, un giornalismo di qualità.”

1.1) Un breve accenno storico sul Citizen Journalism (edited by Silvia Moranduzzo per il progetto “1 Thesis, 1 Web, 1 Goal”) :

Si è cominciato a parlare di Citizen Journalism con l’avvento del web, degli smartphones e dei social networks.

Il giornalista Theophraste Renaudot

Il giornalista Theophraste Renaudot

Ma credo che, se tornassimo indietro nella storia del giornalismo, sarebbe possibile trovare delle interessanti analogie con ciò che sta accadendo oggi, come la partecipazione attiva dei cittadini al mondo dell’informazione.

La prima forma di partecipazione cittadina al giornalismo, si può trovare nella Parigi del 1630 con Theophraste Renaudot, che pubblica “Bureau d’adresses et des rencontres”: il primo periodico dedicato interamente alla compravendita di beni e alle domande e offerte di lavoro.

I lettori erano invitati a partecipare attivamente alla costituzione del giornale attraverso i propri annunci, portando la stampa a occuparsi della quotidianità e non più solo delle notizie a carattere internazionale che servivano ai mercanti per commerciare (maree, pirati, venti) o di eventi politici di cui si interessava la corte.

Era un periodico creato da un editore ma portato avanti dal popolo.

In seguito Renaudot riceverà il permesso regio di redigere un settimanale, la “Gazette”, tipico esempio di giornale in livrea, ovvero organo ufficioso del potere politico, che diede avvio alla stampa periodica francese.

Spostandoci in Inghilterra, al tempo di Carlo II Stuart(1630-1685), vigeva un forte regime di censura gestito dalla Stationers’ Company nel quale lavorava Henry Muddiman, direttore di “Parliamentary Intelligencer” e di “Mercurius Publicus”. Dal momento che i giornali di corte non erano in grado di adempiere al bisogno d’informazione di cui il Paese necessitava, nacquero delle “newsletters” clandestine (si dice animate dallo stesso Muddiman) che venivano redatte nelle coffee-houses, dove si radunavano gli oppositori della corona.

Grazie ad esse prendono forma le correnti Whig e Tory che ancora oggi distinguono le parti politiche inglesi.Si può dire che il popolo inglese ha creato la propria politica basandosi sul dissenso per la censura.

Le Mazarinades

Le Mazarinades

Interessante notare come nello stesso periodo, in Francia, nacquero opuscoli simili noti come “Mazarinades”: erano pamphlet satirici contro il cardinale di corte Richelieu (il nome è preso dal fatto che i redattori di questi manifesti erano seguaci di Mazarin, cardinale avversario di Richelieu), portati avanti dal movimento antiassolutista chiamato “Fronda”.

Le similitudini con il citizen journalism attuale sono evidenti, soprattutto se si pensa che spesso si trattava di “controinformazione” avanzata dai semplici cittadini nei confronti di una stampa accusata di essere manipolata dalla politica e, quindi, di non riportare le notizie in modo imparziale.

Ma facciamo un salto di secoli per avvicinarci alla nostra epoca.

Negli anni ’60 del Novecento, negli Stati Uniti, nacque il cosiddetto “Advocacy journalism” (giornalismo militante) che si sviluppó contemporaneamente alla guerra del Vietnam.

L’idea dell’Advocacy journalism rappresentava un’anticipazione della stagione del Sessantotto, ritenendo fondamentale la necessitá di moltiplicare le voci della stampa indipendente, ovvero quella “underground”, lontana dai poteri forti e con l’obiettivo di mettere in primo piano l’opinione pubblica.

Attraverso le nuove tecnologie di quei tempi come il ciclostilo, l’Advocacy journalism incentivó una democratizzazione della professione giornalistica, tanto da poterlo vedere come una sorta di antenato dei blog.

Un esempio, molto piú recente,  di antenato del citizen journalism è il sito Spot.us: creato nel 2008 da David Cohn, si tratta di una “community powered reporting”, cioè una bacheca di spunti d’inchieste proposti dagli utenti di San Francisco.

Quando la redazione arrivava a raccogliere i finanziamenti necessari per eseguire l’inchiesta, tramite le offerte dei visitatori del sito, questa partiva , risultando così direttamente  a disposizione dei cittadini che intendevano occuparsene.

Per evitare il rischio di un’informazione pilotata, Spot.us mise un tetto massimo ai finanziamenti individuali; nel caso di Spoto.us va detto che la persona si limitava semplicemente a chiedere una determinata informazione, non la andava a cercare in prima persona.

A ogni modo si puó considerare comunque come un importante passo avanti,  dal momento che rendeva ,per la prima volta, Internet uno strumento di relazione sociale, poi evolutosi nei social networks.

Il citizen journalism acquista rilevanza a livello mediatico, in maniera veramente significativa con gli attentati di New York nel 2001: i cittadini utilizzarono il web, soprattutto i blog, per raccontare in diretta quei giorni drammatici, foto e filmati vennero poi ripresi da giornali e telegiornali. Il newsgathering( le riprese televisive eseguite in esterno)  passarono di mano dai giornalisti professionisti alle persone comuni.

Un altro esempio di Citizen Journalism, furono i blog e i siti web creati da alcuni soldati statunitensi in missione a Baghdad, durante la seconda Guerra del Golfo (2002-2003), che scrivevano sotto pseudonimo riportando le loro versioni sul conflitto, spesso discordanti con quelle delle autorità militari, dimostrando come  la realtá dei fatti venisse spesso censurata, o addirittura occultata.

La copertina del Time 2006

La copertina del Time 2006

Con il 2005, Internet divenne a tutti gli effetti il luogo di contenuti user-generated, cioè creati in modo spontaneo dagli utenti e offerti a una discussione pubblica che poteva svilupparsi senza limiti spazio-temporali. Non a caso, la tradizionale copertina del “Time”, solitamente dedicata al personaggio dell’anno, nel 2006 la intitoló “You” in omaggio alla trasformazione del sistema dei media grazie agli utenti, veri personaggi chiave di quell’anno.

Altri esempi: come dimenticare lo scandalo causato da Wikileaks e da Julian Assange, che era tutt’altro che un giornalista (di recente è uscito un film sull’argomento, “Il quinto potere”): la pubblicazione nel 2010 di documenti americani riservati, che misero a nudo la diplomazia statunitense, avveniva grazie a una casella di posta protetta e anonima che Assange mise a disposizione degli utenti: questi documenti rappresentavano un’applicazione estrema del concetto di Citizen Journalism.

In questo caso, un rapporto fonti-giornalista completamente rovesciato, dove sono le prime a dominare la scena: uno scenario mai visto fino ad allora.

2) Gli strumenti del Citizen Journalism (Twitter, Facebook & Blogs) e le reazioni dei media tradizionali a questa nuova forma di giornalismo:

 

Una rivisitazione "Citizen" dei fatti di Tienanmen

Una rivisitazione “Citizen” dei fatti di Tienanmen

2013: l’era di Twitter, di Facebook e dei blog.

La diffusione di questi social network e l’aumento vertiginoso degli utenti mondiali usufruenti del web ha portato a una rivisitazione completa dei rapporti fra le persone, cambiando abitudini e modi di pensare.

Una rivoluzione sociale senza precedenti.

L’influenza dei social media nella vita di tutti i giorni è innegabile e nessuno, dal bambino fino all’anziano, può ritenersi estraneo da tutto ciò.

Si può magari non utilizzarli, ma è praticamente impossibile ignorarne l’esistenza, semplicemente perché parole come Facebook o Twitter sono entrate a far parte della quotidianità e ormai sono parte integrante del vocabolario comune.

Il successo di queste piattaforme digitali, da quelle più semplici come la creatura di Jack Dorsey fino ad arrivare a quelle più complesse come i Live Blogging, è innegabile e nel corso degli anni sono arrivate addirittura a minacciare le fonti d’informazione classica, come  icone di una nuova informazione proveniente dal basso, gratuita e alla portata di tutti.

Uno status su Fb, un tweet o un post pubblicato sul proprio blog possono rivelarsi fonti d’informazione, magari molto meno attendibili delle fonti tradizionali, ma in alcuni casi molto più efficaci e in grado di raggiungere molti più lettori/utenti.

Sembrerebbe una follia e fino a qualche anno fa poteva anche esserlo, ma oggi la situazione è molto cambiata rispetto al passato, tanto da costringere gli stessi Old Journalist ad adeguarsi ai tempi, creando un account Twitter, una pagina di Facebook o delle pagine Blog dove dare spazio e nuova linfa vitale ai propri contenuti.

Ma andiamo con ordine e tentiamo di analizzare l’impatto avuto dai social media nel mondo del giornalismo, parlando più in dettaglio dei tre principali strumenti social in circolazione:

La voce di Twitter

La voce di Twitter

Twitter:

E’ un servizio gratuito di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. Twitter è costruito totalmente su architettura Open source.

Gli aggiornamenti di stato possono essere effettuati tramite il sito stesso, via SMS, con programmi di messaggistica istantanea,posta elettronica, oppure tramite varie applicazioni basate sulle API di Twitter. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco.

Il nome “Twitter” deriva dal verbo inglese to tweet che significa “cinguettare”.

[Fonte Wikipedia]

Sebbene nato più di sette anni fa, Twitter ha acquisito notorietà e visibilità soprattutto negli ultimi tre anni, arrivando addirittura  a essere considerato nel mondo del giornalismo come una fonte molto efficace per  la diffusione delle breaking news, ovvero dei lanci brevissimi, per comunicare un evento o un fatto poco dopo la sua avvenuta, a volte quasi sfiorando la contemporaneità.

Famoso il caso del tweet falso, postato da un hacker intrufolatosi nell’account ufficiale dell’Associated Press( una delle agenzie di stampa più famose al mondo) il giorno 23 Aprile di quest’anno, in cui si riferiva dell’esplosione di due bombe all’interno della Casa Bianca e del ferimento del presidente Barack Obama.

La notizia aveva lampeggiato per qualche secondo sui computer degli 1,9 milioni di abbonati dell’Ap – grazie all’immediata attivazione dei programmi di vendita computerizzati – comportando, come effetto immediato, quello di far tremare la Borsa. Infatti, l’indice Dow Jones in pochissimi istanti è crollato, perdendo oltre 150 punti e bruciando, in soli tre minuti, 135 miliardi di dollari.

Il fake tweet

Il fake tweet

Nonostante la repentina smentita da parte Washington “Il presidente sta bene e non c’è stato alcun attentato“,  l’atto di pirateria informatica, rivendicato dalla Syrian Electronic Army (un gruppo che si è già reso protagonista in passato di attacchi informatici ai media internazionali e che sostiene il regime di Damasco di Bashar Al Assad) ha portato alla luce un fatto nuovo e, allo stesso tempo, impensabile: la vera potenza di Twitter come mezzo di comunicazione e d’informazione.

In fondo, le maggiori agenzie di stampa del mondo e i giornali più importanti sfruttano questo social network per comunicare notizie e fatti attraverso i propri account ufficiali, elevando all’ ennesima potenza l’attendibilità di determinati contenuti diffusi nel web e, in alcuni casi, le possibili conseguenze e reazioni.

I fatti di Washington ne sono la prova.

D’altronde, come non citare le Primavere arabe, quando si parla di Twitter?

La serie di proteste e agitazioni cominciate a partire dall’inverno 2010/2011 in molte regioni del Medio Oriente e del Nord Africa, tra cui l’Egitto, la Tunisia, lo Yemen, la Giordania, la Libia e la Siria, le quali hanno portato alla caduta di regimi che duravano da decenni e a una rivisitazione completa del panorama politico di queste aree.

I fatti accaduti sono ben noti e ancora più noti sono stati i protagonisti di queste primavere: i giovani, usando i social network, in primis su tutti Twitter, comunicavano fra di loro e si organizzavano per dare vita alle manifestazioni di piazza tramite foto, video o semplici tweet. Condividendo  informazioni o avvenimenti, si sono rivelati come le principali fonti di informazione, raccontando in diretta  ciò che stava accadendo e, in molti casi, fungendo da cassa di risonanza per attirare nuovi manifestati.

Molti esperti sostengono che senza queste tecnologie, intuitive e alla portata di chiunque, le Primavere arabe sarebbero state molto più difficili da organizzare e avrebbero avuto molta meno influenza.

Facebook, il social network per eccellenza

Facebook, il social network per eccellenza

Facebook:  

Il social network per eccellenza, la piattaforma online più comune e usata al mondo.

Con il miliardo di utenti che vi accedono almeno una volta al mese, il social network creato da Mark Zuckerberg( al quale è stata dedicata persino una pellicola cinematografica dal nome “The Social Network”) Facebook è il sito più visitato al mondo, addirittura più del motore di ricerca Google, e dal 2004( anno in cui comparve la sua prima versione) a oggi ha visto aumentare costantemente il numero degli utenti( circa 100 milioni di nuovi iscritti ogni 6 mesi).

Intuitivo, semplice da usare e sempre più influente, grazie alla possibilità di pubblicare status senza limiti di caratteri, condividere link, foto e video, proprio come Twitter (anzi, a dirla tutta, è stato proprio Twitter a riprendere Facebook  sotto questo punto di vista)  e mantenere i contatti con amici sparsi in tutto il mondo, la formula di questo SN sembra vincente.

Nonostante alcune note d’arresto, a esempio la decisione di quotare alla borsa di Wall Street il titolo Facebook senza ottenere i risultati previsti, oppure alcune accuse mosse contro la creatura di Zuckerberg riguardanti la gestione della privacy degli utenti, Facebook fa parte della vita quotidiana di moltissime persone, soprattutto in Occidente e negli Stati Uniti.

In alcuni casi, però,  si è rivelato essere una paradossale arma a doppio taglio, come nel caso dello status pubblicato il 28 Agosto 2013 da Hafez Assad, il figlio del criticatissimo presidente siriano Bashar Al Asssad:

o-FILGIO-ASSAD-570

In questo status  il figlio di Assad criticava il governo americano e l’intenzione di voler bombardare la Siria a causa del loro uso delle armi chimiche e minacciava gli Stati Uniti, invitandoli ad attaccare, cosicché avrebbero potuto ricevere una lezione memorabile da parte del grande e coraggioso esercito siriano.

Insomma, una dichiarazione non proprio amichevole, diffusa tramite un profilo pubblico, come quello dell’ ingenuo e alquanto sprovveduto Hafez Assad, che ha suscitato le reazioni di molti.

Per fortuna, il post di Facebook è stato prontamente rimosso e l’account cancellato, ma ciò non toglie come un simile episodio abbia dimostrato la potenza di Facebook: la possibilità di dare voce a chiunque, sia nel bene che nel male.

Con tutte le possibili conseguenze.

Facebook vs Twitter: sfida fra titani

Facebook vs Twitter: sfida fra titani

Differenze fra Facebook e Twitter dal punto di vista dell’informazione:

Facebook e Twitter come fonti d’informazione moderna, in grado di arrivare più rapidamente e in maniera più diretta al lettore, capaci di fare concorrenza ai canali d’informazione canonici come la radio, la televisione, i giornali stessi, facendo leva su punti di forza come l’interattività del sistema e la capacità di condivisione delle informazioni da parte di migliaia, se non di più, utenti, che conferiscono a questi social network delle potenzialità pressoché illimitate.

Come già affermato in precedenza, gli stessi tradizionali canali d’informazione hanno iniziato a sfruttare Fb e Twitter come mezzi attraverso i quali diffondere i propri contenuti e le proprie notizie, ma esistono alcune differenze fra i due social, infatti  la tipologia delle notizie pubblicate attraverso di loro cambia leggermente.

A esempio:

Twitter viene usato maggiormente per lanciare breaking news o riportare in diretta Live  la cronaca di alcuni fatti, grazie alla sua brevità e alla sua velocità, mentre Facebook viene maggiormente utilizzato come strumento di analisi dei fatti, con commenti più approfonditi e  rifacimenti a più fonti, che includono link e video direttamente nella pagina di Fb.

Un’altra differenza: specificando che in Facebook i giornali, le televisioni, gli enti politici e via discorrendo non creano quasi mai degli account privati,ai quali richiedere l’amicizia, ma piuttosto delle pagine Fan alla quale potersi iscrivere liberamente, potremmo distinguere i due social tramite una semplice relazione proporzionale:

TWITTER: CONTENUTO  =  FACEBOOK : SVILUPPO DELLA NOTIZIA

Ovvero: Twitter sta ai contenuti di una notizia come Facebook sta al successivo sviluppo di suddetta notizia.

Ciò non significa che Twitter sia semplicemente una fonte alternativa per lanci d’agenzia o breaking news, in quanto segue alla pari di Facebook gli sviluppi di una notizia, ma i 140 caratteri di un tweet ne limitano lo sviluppo e l’approfondimento rispetto a Facebook.

Tuttavia va detto che, a livello giornalistico, é ritenuto maggiormente utile Twitter di Facebook e che quest’ultimo é visto solo come un’ulteriore piattaforma online di diffusione dei contenuti, magari di promozione, però subalterna a Twitter.

 

To Blog or Not to Blog?

To Blog or Not to Blog?

 I Blog:

L’Italia è una repubblica fondata sul blog”

[Spinoza.it]

Nel linguaggio Internettiano, un blog è una tipologia di sito web in cui i contenuti si presentano in maniera cronologica, solitamente gestito da uno o più blogger che pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti multimediali, testi o semplici post, in maniera molto simile alla pubblicazione di un articolo di giornale.

I  blog sono sostanzialmente una sorta di “diari in rete”: i testi, forniti di data, vengono pubblicati sulla pagina web in ordine anticronologico (prima i messaggi più recenti), introdotti quasi sempre da un titolo.
I blog sono famosi per il fatto di lasciare spazio ai commenti dei propri lettori e perché stimolano la nascita di community e fenomeni di fidelizzazione dei follower.

Generalmente i blog hanno anche un archivio ordinato cronologicamente e per argomenti, particolarità che rende semplice la ricerca di post in base alla data di pubblicazione o alla tipologia di temi trattati.

In generale i blog usano un linguaggio informale che rende la lettura molto agevole e fruibile, invitando i lettori a commentare, usando lo stesso livello linguistico: una maniera per sentirsi più vicini con i propri followers.

In Italia, negli ultimi tempi, si parla tanto di blog e di bloggers, di nuove frontiere espresse dal giornalismo (italiano e non) grazie a post di sconosciuti che, raccontando storie, esprimendo giudizi oppure analizzando argomenti di attualità o tematiche specifiche, creano una rete di sub-informazione(informazione non controllata e non censurata) che va al di là dei mezzi di comunicazione mainstream, permettendo al lettore medio di informarsi come meglio crede, o come meglio preferisce, distinguendosi dalla massa.

Il web è pieno di persone che scrivono un blog e lo è ancora di più di  persone che vorrebbero, ma che,  per mancanza di tempo o di voglia, non lo fanno.

La sostanziale critica, mossa da molti esperti del settore, ai blog è la inverificabilità delle loro fonti e, in alcuni casi, la scarsa attendibilità di ciò che dichiarano.

In pratica: tutto oppure il contrario di tutto può essere detto o scritto senza alcuna autorevolezza o legittimità.

Ovviamente, nel corso degli anni, molti blog hanno acquisito importanza e autorevolezza, guadagnandosi un nome e una certa attendibilità, ma, nonostante ciò, navigare nel mare d’internet rimane ardua impresa e incappare in blog dal dubbio valore contenutistico o morale resta qualcosa di veramente semplice.

Il blog è lo strumento per eccellenza del Citizen Journalism, poiché va al di là della brevità di uno strumento come Twitter e degli scarsi margini di condivisione di Facebook, conferendo ai contenuti una profondità e uno spessore, che i social network non sarebbero in grado di offrire.

A dirla tutta, un blog può essere equiparato, come valore, a un sito web, ma con maggiori livelli di personalizzazione e di distinzione, a tal punto che persino i giornali più prestigiosi hanno iniziato a usare le piattaforme blog per diffondere le proprie notizie, i propri approfondimenti e le proprie inchieste.

Il link dell'articolo:http://wapo.st/1934Lfk

Il link dell’articolo:http://wapo.st/1934Lfk

Un esempio emblematico si è avuto grazie al Washington Post, il quale tramite Maz Fisher, uno dei suoi blogger principali, aveva provato a spiegare in 9 semplici domande la Guerra in Siria per sfatare i dubbi e spiegare la situazione anche a chi non si era mai interessato a questa Guerra e che non aveva seguito gli sviluppi dell’intricata vicenda.

Il titolo del post era: “Nine questions about Syria you were too embarassed to ask”, che tradotto  in italiano significherebbe “Nove domande riguardanti la Siria che vi vergognereste troppo di chiedere.”

L’articolo, pubblicato il 29 Agosto 2013 sul sito web del Washington Post, con un titolo accattivante e, soprattutto, in profonda antitesi con qualsiasi canone giornalistico possibile, ha avuto nel giro di poche settimane  un milione di visualizzazioni, diventando uno degli articoli più letti nella storia del giornalismo, al pari di articoli leggendari come quelli legati allo scandalo Watergate.

In un epoca in cui la concorrenza nel mondo giornalistico si è fatta sempre più aspra e le fonti sono sempre più variegate, un milione di visualizzazioni sono da considerarsi come un vero e proprio record.

E il tutto tramite un mezzo come il blog, vero emblema del Journalism 2.0.

In conclusione, è possibile affermare come gli strumenti del Citizen Journalism siano riconducibili al web e alle piattaforme social che permettono la condivisione totale.

Informazione ovunque, in ogni momento, da qualsiasi fonte.

Nel bene e nel male.

 

3) Ragioni e diffusione del Citizen Journalism, pro e contro per i quali questo giornalismo potrebbe sembrare meglio del Traditional Journalism:

 

Citizen everywhere

Citizen everywhere

Citizen Journalism: termine coniato nel 2003 da Bowman e Willis nel libro “We media : how audiences are shaping the future of news and information” e da Lasica nel libro “What is participatory journalism?”.

3.1)  Cosa pensano esattamente questi due teorici del Citizen Journalism? 

(edited by Alessandra Rucci per il progetto “1 Thesis, 1 Web, 1 Goal”) :

– Secondo S. Bouman e C. Willis –  Il giornalismo tradizionale si fonde con quello partecipativo; in altre parole, il pubblico non è più un passivo ascoltatore dei media,

bensì un soggetto attivo.

Così si crea una situazione in gran parte diversa: mentre prima di Internet la notizia veniva accettata come autentica, ora, grazie alle molteplici opportunità informative, la stessa notizia diventa inevitabilmente più variegata. Questo è dovuto al numero di fonti coinvolte.
Essi riportano il loro pensiero:

“Ci troviamo ora nell’era d’oro del giornalismo, ma non di un giornalismo classico come lo intendiamo. Si prevede che entro il 2021 i cittadini avranno prodotto il 50% delle notizie. Comunque, le notizie dei media devono già espressivamente avere a che fare con queste nuove forme.
Storicamente, i giornalisti avevano il compito di informare nelle democrazie. Ma il loro futuro dipenderà non solo da quanto essi saranno capaci di informare bene, ma anche su quanto bene essi incoraggeranno e permetteranno la comunicazione coi cittadini. Questa è appunto la sfida.”

La loro definizione di giornalismo partecipativo è quella di un vero e proprio atto di cittadini che giocano un ruolo attivo nei 4 processi: raccolta, reporting, analisi e distribuzione di notizie e informazioni.

– J. D. Lasica, invece, analizza – Uno dei concetti principali alla base di citizen journalism è che i giornalisti e i produttori non hanno alcuna conoscenza su un argomento.

Nel complesso, il pubblico sa di più e ha più informazioni sul tema.

I grandi media tradizionali hanno cercato di sfruttare la conoscenza del proprio pubblico attraverso i commenti o attraverso la creazione di banche dati di Citizen Journalism o fonti di notizie.
Per i sostenitori e gli attivisti di questa pratica, il Citizen Journalism è la possibilità di democratizzare le informazioni, dal momento che chiunque avrebbe avuto accesso ai media, non solo in veste di lettore o di mero spettatore, ma collaborando alla produzione del materiale trasportato.

Sarebbe anche un’opportunità di apprezzare la storia, oltre all’osservazione di testimoni oculari dei fatti, il che è veramente un fattore importante.
J.D. Lasica è giornalista, blogger ed esperto di social media, e definisce il Citizen Journalism:

A slippery creature”, una “creatura sfuggente”.

 

You see, you report it.

You see, you report it.reatura sfuggente”.

Aggiunge che chiunque sa che cos’è la partecipazione in rete, ma che essa non significa sempre giornalismo.

Dato la facilità di pubblicazione di notizie in rete, viene a crearsi un confine purtroppo transitorio tra giornalismo e quella che è pubblicazione personale.

Ma, come Lasica stesso afferma, Internet aggiunge credibilità al giornalismo. 

 

Ora, al di là, delle varie definizioni di CJ e del significato che puo’ avere:

3.2) Quali sono le ragioni che hanno portato alla diffusione del Citizen Journalism?

Con il passare degli anni, la diffusione di Internet è aumentata sempre più, permettendo alle persone di entrare maggiormente in contatto fra loro e offrendo la possibilità a persone qualsiasi di emergere dalla massa e affermarsi, in modi e maniere, totalmente sconosciuti fino a un decennio fa.

Un fenomeno che esperti e mass-media hanno chiamato: “La forza del web”.

Un potere tale da conferire mezzi e possibilità d’espressione a tutte le casalinghe di Voghera (immagine stereotipata per identificare il cittadino medio) e ha portato molti Consumer a diventare Prosumer.

Ma quali sono le differenze fra Consumer e Prosumer?

Facciamo un po’ d’ordine: per Consumer, si intendono tutti coloro che usufruiscono di una determinato bene, i cosiddetti consumatori, chei risultano essere passivi, in quanto si limitano semplicemente a beneficiare di un prodotto, di un contenuto, di un servizio senza produrre o aggiungere niente di nuovo.

In termini giornalistici, i consumer sono intesi come i lettori.

Al contrario, i Prosumer sono, in generale, i vari produttori di contenuti e beni, i quali nel mondo dell’informazione sono identificati con i giornali, le televisioni, le radio e i siti d’informazione online, ma negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento, una sorta di mutazione che ha portato a una ridefinizione del concetto di Prosumer.

Merito di Internet (sebbene alcune malelingue affermino che sia il colpevole), che ha permesso ai vari utenti di acquisire sempre maggiore autonomia, indipendenza e capacità di pensiero, discussione, opposizione.

Google News, strumento di cernita per eccellenza

Google News, strumento di cernita per eccellenza

Passando dall’essere passivi,  ovvero ascoltando, leggendo e guardando tutto in maniera indistinta, all’essere attivi: prima iniziando lentamente a selezionare le fonti, facendo una cernita, una scelta, preferendo una determinata fonte a un’altra, per trovare la propria versione della realtà e, in alcuni casi, della verità, per poi divenire loro stessi dei

produttori e promotori d’informazione.

In riferimento al fenomeno di cernita e selezione delle varie fonti, possiamo citare le possibilità offerte da piattaforme come Google News o Yahoo, o in alcuni casi dagli stessi giornali come il Wall Street Journal oppure la CNN, di scegliere cosa leggere o cosa seguire delle varie notizie pubblicate ogni giorno, a seconda dei propri gusti, delle proprie inclinazioni e  delle proprie idee.

Parlando, invece, degli utenti web come Prosumer del nuovo millennio, come non menzionare il primo esperimento di Citizen Journalism della storia: il caso di Oh Yeon Ho, giornalista coreano, che nel 2001 aveva dato la luce al progetto di un giornale, interamente scritto dai propri lettori, chiamato “Oh Mynews.com”.

Il motto del giornale era: “Ogni cittadino è reporter”.

Il giornalista Oh Yeon Ho con la sua creatura Oh Mynews

Il giornalista Oh Yeon Ho con la sua creatura Oh Mynews

Infatti, il giornale si avvaleva di articoli scritti da persone comuni che inviavano volontariamente i propri pezzi, i quali, una volta riveduti e corretti da professionisti, venivano pubblicati sul sito web del giornalista Ho.

I lettori, di conseguenza, diventavano essi stessi dei prosumer di notizie e contenuti.

Il sito web ottenne un enorme successo e arrivò con il tempo a competere con le principali fonti d’informazione della Corea del Sud, facendo del giornalista Oh Yeon Ho uno dei primi promotori al mondo del Citizen Journalism e uno dei principali protagonisti della cultura contemporanea sudcoreana.

Tornando al concetto stesso di Prosumer, ossia al fatto che semplici cittadini siano diventati dei produttori di notizie o dei semplici canali d’informazione alternativi a quelli mainstream, è bene specificare come tale rivoluzione dei canoni sia stata possibile grazie al contributo di tecnologie sempre più sofisticate eppure ogni giorno meno costose, di conseguenza maggiormente accessibili per chiunque.

Questa affermazione ci spinge a domandarci:

3.3) Come ha avuto diffusione il Citizen Journalism?

Con la diffusione delle connessioni a banda larga, il fenomeno dell’Informazione 2.0 (ossia proveniente dal basso) ha preso ulteriormente piede fino ad arrivare oggigiorno, grazie alle connessioni a fibra ottica, a divenire un fenomeno collettivo, interconnesso e con la possibilità di ricevere contenuti, foto, video, notizie da qualsiasi parte del mondo in maniera diretta e indipendente.

In parole povere: nessuna fonte di mediazione a fare da tramite, nessun giornale o televisione a riportare una notizia, nessuna forma di verticalizzazione dell’informazione, una verticalità imposta, negli anni passati, da redazioni, direttori e stessi redattori delle varie fonti d’informazione.

Giornalismo e internet: evoluzione della specie

Giornalismo e internet: evoluzione della specie

D’altronde, va detto, che da sempre le televisioni, i giornali o le radio non hanno concesso facilmente spazio alle persone comuni e al loro desiderio di produrre, portando queste ultime a voler emergere per conto proprio, i quali, grazie a Internet, hanno finalmente avuto la possibilità che desideravano:  usufruire di uno spazio totalmente libero e gratuito dove poter fare informazione in maniera autonoma.

Il fatto più rilevante è il potenziale numero di persone raggiungibili grazie al web oggigiorno, che equivale al numero di utenti in rete globale, riassumibile in una definizione molto semplice:

Un‘informazione everywhere – At every time – For everyone

Il Citizen journalism potrebbe essere inteso come un simbolo emblematico della società che cambia, influenzata dalle tecnologie e dalla dinamicità della quotidianità oggigiorno; un mondo che evolve e che tramite la globalizzazione tende a coinvolgere sempre più persone all’interno dei suoi processi. In primis quelli dell’informazione.

Sebbene molti giornalisti del Traditional Journalism siano scettici di fronte l’avvento di questa nuova forma di giornalismo, in termini di qualità, attendibilità, approfondimento (ognuno con le sue ragioni più o meno legittime), esiste un dato di fatto che tutti riconoscono come tale: la comunicazione è cambiata.

Si è passati dalla verticalità dell’informazione/comunicazione a una totale orizzontalità.

In fondo, mai come adesso, il lettore ha la possibilità di esprimere la propria opinione, i propri giudizi grazie alle nuove tecnologie  che permettono la diffusione di un giornalismo sempre più proprietà di tutti. Il lettore protagonista attivo dell’informazione.

I mezzi di internet e la sua diffusione

I mezzi di internet e la sua diffusione

Ammettiamolo: fino a dieci anni fa una simile realtà sarebbe stata vista come un’utopia.

Oggi il pubblico e il giornalista hanno gli stessi mezzi, quasi identici, e possono interagire con il mondo intero, in tempo reale, grazie alle chat, ai social network, le e-mail, i forum, i blog, tutti strumenti che hanno portato a una ridefinizione del concetto stesso di comunicazione massmediale, un tempo one-to many e oggi diventato one-to-one o, addirittura, many-to-many.

Questo cambiamento ha ridisegnato le fonti dell’informazione, un tempo isolate e irraggiungibili ai più ( chi non ricorda le missive mandate al direttore di una testata per poter controbattere, contestare, affermare qualcosa e pubblicate in ultima pagina?) permettendo a chiunque di avere una voce in capitolo, senza più l’obbligo di rimanere forzatamente in silenzio per mancanza di strumenti, non certamente d’interesse.

Sebbene vadano costatate alcune differenza sostanziali fra le tipologie di diffusione di una notizia attraverso internet e i social: mentre in alcuni casi, soprattutto all’estero, gli utenti si attivano per pubblicare bozze d’inchieste o vide-denunce, producendo dei lavori professionali paragonabili a quelli dei grandi mass-media, in molti altri casi gli utenti si limitano a caricare un enorme quantità di materiale che, a prima vista, non ha alcun valore giornalistico, però ha grande forza testimoniante.

Questo “attivismo” si traduce nel fatto che, quando accade un grosso evento, la Rete è pronta. Possiamo definirlo: “Automatismo testimoniale”.

Testimoniare, sempre testimoniare, infinatemente testimoniare

Testimoniare, sempre testimoniare, infinatemente testimoniare

Questo automatismo si traduce nella capacità di documentare, magari nel momento stesso in cui avviene un fatto,  un evento per poi condividerlo sui social network, come a voler dire: “Io c’ero.”

Non è narcisismo ma un’enorme volontà di testimoniare, favorito da una tecnologia in grado di soddisfare una simile necessità.

Un esempio di ciò:  molto spesso molti CJ non mettono neppure il nome, ciò a dimostrare quanta poca consapevolezza ci sia a volte nel documentare un evento.

Ora, al di là delle ragioni e della diffusione del Citizen Journalism al giorno d’oggi, rimane una domanda a cui rispondere, probabilmente la più emblematica e difficile di tutte:

 

3.4) Quali siano i pro e i contro del Citizen Journalism?

Già nell’introduzione avevamo accennato agli aspetti negativi e positivi di questa nuova forma di giornalismo, ma in questo paragrafo cercheremo di essere più specifici.

 

Partiamo dai Pro:

 

·         E’ aumentato il livello di engagement, ossia di coinvolgimento del “cittadino”, detentore di diritti e doveri, all’interno del mondo dell’informazione.

·         E’ aumentata la conoscenza della rete e soprattutto la consapevolezza di avere fra le mani un mezzo in grado di incidere individualmente all’interno di un ecosistema globale come quello del web.

·         Con l’avvento degli smartphone, si è creata l’opportunità di documentare ovunque e in qualsiasi momento, offrendo la possibilità a chiunque di poter testimoniare o documentare un evento o un avvenimento arrivando molto prima e, in alcuni casi, in maniera molto più efficace innanzi a una notizia.

·         La diffusione capillare del CJ ha permesso alla narrazione di un evento di acquisire spessore e sfaccettature tutte nuove, rendendo l’esperienza informativa più variegata e profonda.

E soprattutto più vera: d’altronde, attraverso più punti di vista, la censura o l’occultamento della verità dei fatti è diventata più difficile, se non quasi impossibile.

·         Gli utenti hanno acquisito maggiori competenze, sviluppando il proprio senso critico e di giudizio, rendendo molto più articolato il processo dell’informazione collettiva.

 

I contro, invece, possono essere:

  • La delegittimazione della professionalità di un mestiere come quello del giornalista, poiché i Citizen Journalists potrebbero essere visti come una minaccia alla categoria.
  • Un abuso di CJ può portare a un impoverimento dell’informazione, ossia a una riduzione della qualità dei contenuti.
  • Un aumento dei falsi in rete, i cosiddetti fake, che circolano nel web e che, in mancanza di verifiche e fonti sicure, possono trarre in inganno e distorcere la realtà dei fatti.
  • Un’informazione caleidoscopica e frammentata in mille sfaccettature, in mancanza di una gestione e un coordinamento dei contenuti ben specifico, potrebbe rischiare di apparire come impoverita, incongruente, poco chiara e soprattutto confusionale.
  • La nuova dimensione dell’informazione Citizen può apparire come un fenomeno ambiguo, un’attività senza né capo né coda, alla quale dare poco credito.

Ossia un’informazione di secondo livello.

 

Analizzate le ragioni, la diffusione e i pro e contro del Citizen Journalism, ci addentriamo all’interno della seconda parte della tesi, molto meno teorica e molto più pratica, per analizzare alcuni episodi emblematici che dimostrano come l’ascesa del CJ sia ormai un dato di fatto.

 

 2 PARTE: I CASE STUDIES

“Citizen Journalism: minaccia al giornalismo tradizionale o futuro prossimo dei giornali?”

NEI PROSSIMI GIORNI PUBBLICHERÓ I VARI CASE STUDIES, INCOMINCIANDO DAI MIDIA NINJA DEL BRASILE, CHIUNQUE VOGLIA CONTRIBUIRE O CONDIVIDERE NOTIZIE INTERESSANTI SULL’ARGOMENTO, SARÁ IL BENVENUTO.

FORZA, SIAMO GIA’ A METÁ. 

 

 4 ) CASO 1: I Midia Ninja in Brasile, i giornalisti di strada «raccontano» la rivolta brasiliana

ECCO IL LINK DEL 4 CAPITOLO E DEI CAPITOLI 5,6,7https://www.duemondi.net/case-studies-progetto-one-thesis-one-web-one-goal/

 

LINK AL CAPITOLO CONCLUSIVO, IL N°8: https://www.duemondi.net/conclusione-il-futuro-del-giornalismo/